In questi giorni si è scatenato un vero e proprio vespaio tra gli operatori portuali sulle norme della Legge di Bilancio 2020 discussa in parlamento in queste ore. Il tentativo dello Stato di istituire una tassa sui container e di aumentare l’ Ires non è piaciuta e, se la prima è stata già annullata, rimangono i forti dissapori sulla seconda.
La cosiddetta “Robin Tax” che prevede l’aumento del 2% sull’Ires colpisce i redditi netti dei concessionari pubblici, nel caso specifico società autostradali, ed aeroportuali, portuali, ferroviari e trasporti in generale.
Voci autorevoli si sono già poste in prima linea per ribadire il dissenso.
Assiterminal interviene affermando: «Attoniti è l’aggettivo più appropriato. Anche su questo provvedimento non entriamo sul merito “al fine di realizzare interventi volti al miglioramento della rete infrastrutturale e dei trasporti” che ovviamente trova non solo la nostra categoria, ma tutto il cluster vicino al Governo. Non possiamo esimerci dal sottolineare ancora una volta che simili iniziative inerziano il settore della portualità! Chiediamo pertanto un “ravvedimento operoso!»
Il Presidente di Federlogistica e Conftrasporti Luigi Merlo invece dichiara:
“Provvedimento iniquo e discriminante perché i canoni sulle concessioni portuali in Italia sono disomogenei a causa del fatto che il ministero dei Trasporti non ha mai emanato l’apposito regolamento e Art non ha reso omogenei i canoni. In questo modo a essere penalizzati saranno ancor di più coloro che pagano già di più. Questo accanimento sulla portualità non ha precedenti e sarebbe interessante capire gli ispiratori di provvedimenti suicidi come questi”.
Le prese di posizione di queste ed altre associazioni portuali sono la reazione di un settore che ha la necessità di crescere per mantenersi vivo sul mercato internazionale. Come può farlo se l’obiettivo rimane comunque quello rafforzare la pressione fiscale?
L’economia del mare è il motore del paese, ma è in difficoltà. Perché tassarlo di più?
La tensione che si respira è palpabile, testimonianza è quanto scrive Mino Giachino, presidente di Saimare, in una lettera aperta alla ministra dei trasporti Paola De Micheli pubblicata sul The Medi Telegraph. Una riflessione che pone le basi sui limiti e le difficoltà del settore.
I porti, sostiene Giachino, garantiscono allo stato un’entrata fiscale pari a 12 miliardi di euro all’anno, tra iva ed accise. L’Export italiano va forte e traina l’economia del Paese che va a rilento da anni, questo nonostante le carenze di una logistica che andrebbe migliorata ed un sistema burocratico avvilente che danneggia la nostra competitività con gli altri paesi europei.
Il problema delle infrastrutture è evidente. Non adeguarle significa rimanere indietro con i nostri competitors e quindi togliere potenziali introiti che potrebbero essere reinvestiti nel settore. L’Italia tra l’altro non può mancare l’appuntamento con la rete Core Network nel 2030, anno nel quale il nostro Paese dovrà completare le tratte interessate dei quattro Corridoi ferroviari previsti, una trama di reti trans-europee di trasporto che collegheranno porti ed aeroporti di tutta Europa.
Anche se la tassa sui container è stata annullata, rimane l’assenza di proposte concrete (e risolutive) sui problemi citati e l’idea di ricondurre tutto al tassare “qualcos’altro” per compensare è motivo di preoccupazione valido.
Il rischio di fornire ulteriori assist alla concorrenza è ancora troppo alto.